Un pranzo in famiglia: alla porta suona una persona identica a me - un testo fantastico narrato in prima persona.
Questo lavoro è stato verificato dal nostro insegnante: 19.10.2024 o 20:57
Tipologia dell'esercizio: Tema
Aggiunto: 13.10.2024 o 17:36
Riepilogo:
Una domenica di pranzo familiare si trasforma in un incontro surreale con un sosia. La scoperta di sé stessa porta a riflessioni profonde. ??
Era una domenica come tante, e mi trovavo a casa dei miei genitori per il tradizionale pranzo in famiglia. L'odore del ragù che sobbolliva sul fuoco riempiva la cucina, mentre la mamma metteva il tocco finale al tavolo ben apparecchiato. Mio padre leggeva il giornale in salotto, come sempre, con la sedia leggermente inclinata all'indietro. I miei fratelli chiacchieravano allegramente facendosi dispetti, e io sorseggiavo un bicchiere d'acqua osservando quel quadro familiare che mi era tanto caro.
All'improvviso, il suono del campanello interruppe la nostra tranquilla routine. Con la scusa di sgranchirmi le gambe, mi alzai per andare ad aprire la porta, curioso di scoprire chi potesse essere a quell'ora del pomeriggio, senza preavviso. Mai avrei immaginato quello che stava per accadere.
Quando aprii la porta, rimasi completamente sbalordito. Davanti a me, in piedi sullo zerbino, c'era una persona identica a me in tutto e per tutto. Né una ruga in più né un capello fuori posto: sembrava di guardarsi allo specchio. "Ciao," disse, con la mia stessa voce. Ero senza parole, sentii un misto di stupore, paura e curiosità. Mi balenarono in testa mille pensieri: un gemello mai conosciuto? Un sosia perfetto? Oppure qualcosa oltre la comprensione umana?
Invitai l'altro me stesso ad entrare, con la mente che viaggiava a mille all'ora. Nel vederlo, la mia famiglia si immobilizzò, tanto che si sarebbe potuta sentire volare una mosca. C'erano mille spiegazioni razionali possibile, ma nessuna sembrava tenere. In un turbine di incertezze, mi venne in mente l'unica cosa da fare: scoprire chi fosse davvero.
"Chi sei?" chiesi, cercando di mantenere la calma. "Sono te," rispose senza alcuna esitazione il mio doppio. La stanza era colma di tensione, come se il tempo stesso si fosse fermato. Inizialmente feci fatica a credere alle sue parole. Pensai a uno scherzo architettato dai miei amici, ma quella spiegazione non mi convinceva: il livello di dettagli, i piccoli tic e gesti erano troppo accurati.
Chiesi al mio doppio di raccontarmi qualcosa che solo io potessi sapere, un evento sottilmente unico o un pensiero nascosto. Lui sorrise e cominciò a narrarmi di una piccola avventura della mia infanzia che nessuno avrebbe potuto conoscere: la volta in cui, da piccolo, mi nascosi nel giardino di un vicino per paura di essere scoperto dopo aver rotto un vetro giocando a pallone. Non lo avevo mai raccontato a nessuno, ma lui ne sapeva ogni particolare, ogni emozione provata.
La famiglia sembrava divisa: da una parte la paura dell'ignoto, dall'altra la curiosità e il desiderio di comprendere. Era una situazione più grande di noi, quasi incomprensibile. Proporsi di fare delle domande reciproche sembrava un buon modo per continuare. Notai che le risposte erano sempre coincidenti, fino all'ultima inflessione del tono di voce.
Iniziammo ad avere un dialogo più profondo, affrontando tematiche e sentimenti personali. Scoprii attraverso lui prospettive nuove su eventi passati, quasi come se questa presenza fosse una parte nascosta di me stesso, un riflesso di tutto ciò che avevo trascurato o dimenticato. Era un ponte verso la mia interiorità, un'opportunità per capire e per crescere.
Il pranzo continuò in un'atmosfera surreale, in cui mia madre cercava di non far mancare mai del cibo sulla tavola, come a voler esorcizzare la tensione con una pentola di lasagne. I discorsi si aggiustarono su argomenti più leggeri: la musica, i viaggi, i libri, quasi a voler rendere normale qualcosa di straordinario.
Quando ormai il sole iniziava a calare e il giorno volgeva al termine, il mio doppio disse di dover andare. Lo accompagnai alla porta, ancora pieno di domande irrisolte ma in pace con la situazione. "Ci rivedremo," disse con un sorriso identico al mio. E mentre chiudevo la porta, realizzai che quella visita inaspettata aveva smosso qualcosa dentro di me. Non sapevo se sarebbe mai tornato, ma sapevo che, in fondo, l'incontro più sorprendente era stato con una parte di me stesso che ignoravo.
Guardando il crepuscolo dalla finestra, una sensazione di serenità mi avvolse: dopotutto, qualunque cosa fosse successo, mi aveva consentito di vedere il mondo con occhi nuovi, e di riconoscere che esistono misteri che forse non meritano di essere svelati, ma soltanto vissuti.
Valutazioni degli utenti ed insegnanti:
**Voto: 9** Commento: Ottimo utilizzo della narrazione fantastica, con descrizioni vivide che catturano il lettore.
**Voto: 9** Questo tema riesce a catturare l'essenza di un momento familiare, intrecciato con un elemento fantastico che stimola la riflessione.
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