Analisi della biblioteca di Don Ferrante nei Promessi Sposi
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Tipologia dell'esercizio: Tema
Aggiunto: 15.12.2024 o 19:28
Riepilogo:
Nel capitolo XXXVII de "I Promessi Sposi", Manzoni critica Don Ferrante, simbolo di erudizione sterile, che ignora la realtà e ne paga le conseguenze. ??
Nel capitolo XXXVII de "I Promessi Sposi" di Alessandro Manzoni, viene tratteggiata con particolare cura la figura di Don Ferrante. Personaggio secondario ma emblematico, Don Ferrante è il marito di Donna Prassede e vive a Milano. Manzoni lo descrive come un uomo di grande erudizione, la cui biblioteca riflette la sua personalità e la sua visione del mondo. Attraverso la rappresentazione di Don Ferrante e della sua biblioteca, Manzoni critica una cultura accademica sterile e anacronistica, priva di contatto con la realtà concreta.
Don Ferrante si diletta in varie discipline senza però approfondirle veramente, spaziando dall'astrologia alla filosofia scolastica, dalla cabala alla metafisica. La sua biblioteca diviene quindi un simbolo di questo sapere eterogeneo: vasto in apparenza, ma in realtà disordinato e teorico. Manzoni non precisa l'elenco completo dei volumi posseduti da Don Ferrante, ma è chiaro che include opere di astrologia classica, come i testi di Tolomeo, libri di teologia e filosofia, e forse traduzioni latine di autori arabi come Avicenna e Averroè. Vi si trovano anche trattati di magia, un interesse comune tra gli intellettuali dell'epoca, sebbene oggi possa apparire stravagante.
La descrizione della sua biblioteca non si concentra sui singoli titoli, ma sui generi di studio di Don Ferrante, per illuminare il suo modo di pensare: egli non sfrutta il suo sapere per auto-migliorarsi o per beneficiare gli altri, ma si immerge in queste letture per puro diletto e vanità intellettuale. È un simbolo di un sapere che non si traduce in azione, di un uomo avulso dalla realtà circostante e confinato nella sua torre d’avorio di libri e ideologie superate.
Ciò che rende la biblioteca di Don Ferrante particolarmente interessante è il suo atteggiamento verso la scienza. Nonostante il possesso di numerosi volumi, egli rappresenta l'antica e obsoleta visione del mondo: crede fermamente nelle influenze astrali e negli effetti delle congiunzioni planetarie, rigettando le scoperte scientifiche emergenti, frutto del Rinascimento e della Rivoluzione scientifica. Manzoni utilizza questo personaggio per evidenziare come una conoscenza ampia non sia necessariamente sinonimo di saggezza.
Don Ferrante diviene tragicamente un esempio della sua stessa ignoranza mascherata da erudizione durante la peste che colpisce Milano. Mentre la città si trova devastata dall’epidemia, egli rifiuta di accettare la spiegazione del contagio secondo la nascente medicina moderna. Attribuisce la pestilenza alle influenze celesti e rigetta categoricamente l'idea delle "contagioni", ritenendola priva di fondamento logico. Questo atteggiamento lo conduce a non prendere le precauzioni necessarie contro la malattia, finché non la contrae egli stesso, trovando la morte. La sua fede cieca nelle conoscenze obsolete si rivela la sua condanna.
Manzoni utilizza Don Ferrante per criticare un tipo di erudizione compiaciuta e incapace di considerare la realtà circostante, una satira dell'intellettuale che non traduce il suo sapere in giudizio concreto e utile. La biblioteca di Don Ferrante rappresenta quindi non solo un rifugio dalla realtà, ma anche un monumento all'inutile complessità e alla vanità del sapere fine a sé stesso.
In definitiva, attraverso la descrizione della biblioteca di Don Ferrante, Manzoni offre una riflessione profonda sulla necessità di un sapere non limitato all'accumulo di informazioni, ma che si tramuti in strumento di comprensione e azione. In un certo senso, Don Ferrante rappresenta un ammonimento perenne verso tutti coloro che, in qualsiasi epoca, si isolano nel sapere accademico senza usarlo per comprendere e agire nel mondo reale.
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Voto: 10- Commento: Ottima analisi della figura di Don Ferrante e della sua biblioteca.
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