Le espressioni comportamentali di chiusura, evitamento, ritiro e conflittualità con condotte oppositive si correlano alle difficoltà comunicative e all'espressione di sé e delle proprie emozioni.
Questo lavoro è stato verificato dal nostro insegnante: 15.10.2024 o 19:27
Tipologia dell'esercizio: Saggio
Aggiunto: 28.09.2024 o 11:32
Riepilogo:
I comportamenti di chiusura e aggressività sono legati a difficoltà comunicative ed emozionali, specialmente negli adolescenti, e richiedono un approccio integrato. ??
Le espressioni comportamentali di chiusura, evitamento, ritiro e conflittualità con condotte oppositive sono fenomeni ampiamente studiati nella psicologia clinica e dell'età evolutiva. Questi comportamenti si correlano frequentemente con difficoltà comunicative e con la difficoltà nel parlare di sé e delle proprie emozioni. Quando queste emozioni sono intensamente sentite, ma difficilmente verbalizzabili, ne può conseguire un'espulsione attraverso l’azione, fenomeno noto come "acting out". La letteratura scientifica supporta ampiamente l'idea che la difficoltà a esprimere emozioni complesse e singolari possa portare a comportamenti distruttivi, sia auto diretti che etero diretti.
Uno degli studi più emblematici in questo campo è quello sui disturbi della condotta e del comportamento. Questi disturbi sono spesso caratterizzati da reazioni violente e aggressive nei confronti di sé stessi e degli altri. Negli adulti, questi comportamenti si rivelano in abusi di sostanze, condotte antisociali e violenza domestica. Questa relazione tra difficoltà comunicative e comportamenti oppositivi è particolarmente evidente nei giovani, soprattutto durante l'adolescenza, poiché questo periodo della vita è caratterizzato da cambiamenti psicologici, emotivi e fisici significativi.
Molti adolescenti provano un'incapacità a verbalizzare i propri stati emotivi, un fenomeno che è stato descritto dallo psicologo Peter Fonagy con il termine "mentalizzazione". La mentalizzazione è la capacità di comprendere gli stati mentali propri e altrui e di usare questa comprensione per regolare il comportamento. Quando questa capacità è deficitaria, il giovane può trovare difficile identificare e nominare le proprie emozioni, il che può sfociare in comportamenti aggressivi e oppositivi come forma di espressione e regolazione emotiva.
La frustrazione è un elemento chiave nella genesi di questi comportamenti. Leonard Berkowitz, psicologo sociale, ha descritto la relazione tra frustrazione e aggressività, suggerendo che la frustrazione produce una reazione aggressiva. In uno scenario in cui il giovane non riesce a trovare parole per esprimere la propria frustrazione, l'agito può diventare una via di sfogo privilegiata. Questo tipo di comportamento si osserva non solo in situazioni di alta pressione emotiva, ma anche in contesti di vita quotidiana, laddove le aspettative non vengono soddisfatte.
Inoltre, il fenomeno dell'"acting out" è strettamente legato a quello dell'auto-ed etero-aggressività. I comportamenti auto-aggressivi, come l'autolesionismo, sono spesso un tentativo di gestire emozioni dolorose che non trovano altra via d'uscita. Ricercatori come Matthew K. Nock hanno evidenziato che l'autolesionismo è frequentemente associato a difficoltà nel regolare le emozioni e nel comunicare il proprio disagio emotivo. Questo comportamento può essere visto come una forma di comunicazione non verbale quando le parole falliscono.
Anche i comportamenti etero-aggressivi possono essere interpretati come una forma di comunicazione. La violenza verso gli altri può essere un mezzo per esternare una sofferenza interna o per difendersi da quella che viene percepita come una minaccia esterna insopportabile. John Bowlby, attraverso la sua teoria dell'attaccamento, ha descritto come le esperienze di attaccamento insicure durante l'infanzia possano portare a difficoltà nella regolazione emotiva e a comportamenti di evitamento e opposizione.
Le dinamiche di evitamento e ritiro, invece, sono trattate ampiamente nella letteratura sulla depressione e i disturbi d'ansia. Aaron Beck, fondatore della terapia cognitivo-comportamentale, ha evidenziato come pensieri negativi e autosvalutativi conducano a un ritiro sociale e all'evitamento delle situazioni che potrebbero generare ansia o ulteriori delusioni. In questi casi, il giovane o l'adulto tende a isolarsi, evitando così la possibilità di confronto con emozioni dolorose e con gli altri, perpetuando un circolo vizioso di sofferenza interna.
Infine, l'ambito delle neuroscienze ha fornito ulteriori conferme a queste teorie. Studi neuroimaging hanno mostrato che l'amigdala, una struttura cerebrale coinvolta nella regolazione delle emozioni, è iperattiva in individui che presentano comportamenti aggressivi e oppositivi. Questo implica che ci sia una componente biologica che interagisce con fattori psicologici e sociali, rendendo le modalità di espressione della sofferenza non solo una questione di apprendimento sociale, ma anche di predisposizione neurobiologica.
In sintesi, le espressioni comportamentali di chiusura, evitamento, ritiro e conflittualità con condotte oppositive sono strettamente correlate alle difficoltà nel parlare di sé e delle proprie emozioni. Dare parola alle emozioni è di per sé difficile, e questa difficoltà aumenta quando le emozioni sono uniche e poco condivise. L'acting out diventa una via di espressione quando la verbalizzazione fallisce, amplificando ulteriormente stati ansiosi e comportamenti disfunzionali. La multidimensionalità di questi fenomeni richiede un approccio integrato che consideri fattori psicologici, sociali e biologici per comprendere e intervenire efficacemente su questi comportamenti.
Valutazioni degli utenti ed insegnanti:
Voto: 28 Commento: Ottima trattazione del tema, con riferimento a studi e teorie significative.
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