Analisi della poesia di Cecco Angiolieri: 'S'i' fosse foco, arderei 'l mondo'
Questo lavoro è stato verificato dal nostro insegnante: 29.11.2024 o 5:50
Tipologia dell'esercizio: Analisi
Aggiunto: 20.11.2024 o 18:40
Riepilogo:
La poesia di Cecco Angiolieri critica la societĂ medievale, ribaltando valori e convenzioni con ironia e cinismo. Un capolavoro di autoanalisi e ribellione. ??
La poesia “S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo” di Cecco Angiolieri è uno dei gioielli della letteratura italiana medievale, un esempio di come il linguaggio poetico possa essere usato per esprimere sentimenti di critica sociale e rivolta personale. Cecco Angiolieri, figura emblematica della Siena del XIII secolo, si distingue per la sua penna irriverente e satirica, in netto contrasto con la corrente cortese del suo tempo. Nato intorno al 126, Angiolieri visse in un'epoca in cui la tradizione trovadorica e lo Stilnovo facevano da padrone, immaginando un amore elevato e inaccessibile. Tuttavia, il suo approccio senza accortezze alle realtà umane e sociali lo rende un "outsider" nel panorama poetico.
Il componimento è un sonetto, una struttura metrica composta da quattordici versi, con quattro strofe suddivise in due quartine e due terzine. Questa forma è tipica della poesia italiana del periodo, ma Cecco Angiolieri ne fa un uso rivoluzionario, servendosi della ripetizione della formula ipotetica “S’i’ fosse” per esprimere desideri estremi e paradossali. Ogni desiderio è collegato a un elemento – fuoco, vento, acqua – e l’effetto in ogni caso si traduce in un’azione distruttiva che sfida e sconfina nell’anarchia.
La poesia si apre con un’immagine potente: se fosse fuoco, arderebbe il mondo. Questo desiderio di distruzione totale può essere visto come una critica alla società del tempo, ma anche come una manifestazione di disperazione e rifiuto verso una realtà percepita come corrotta e ingiusta. L’iconoclastia di Angiolieri si esplicita in ogni verso, mentre immagina di annientare il mondo con il vento, di sommergerlo con l’acqua, di rovinare tutto se fosse Dio, e di tormentare l’umanità se fosse Papa. Questo ribaltamento totale dei valori cristiani e umanistici, così cari al movimento stilnovista, mette in luce il suo atteggiamento di pesante critica verso le convenzioni.
La satira di Angiolieri non si limita alle autorità religiose e politiche, ma coinvolge anche il concetto di amore che predominava nell’epoca. Mentre i suoi contemporanei agiografi dell’amore come Guido Cavalcanti e Dante Alighieri scrivevano poesie intrise di spiritualità elevata, Angiolieri svela il suo cinismo, deridendo le idealizzazioni comuni e mettendo a nudo una verità ben diversa. Nelle terzine, il poeta rincara la dose, entrando nei dettagli di un potere tirannico che desidererebbe esercitare. Tuttavia, la chiusa del sonetto porta con sé una brusca virata verso l'autoironia: se fosse Angiolieri, infatti, si darebbe ai piaceri del vino e del gioco d’azzardo, abbracciando la natura effimera e futile della vita.
Il gesto finale di autoironia non è solo un’autoanalisi, ma una messa in scena del riconoscimento delle proprie limitazioni umane. Potrebbe sembrare una dichiarazione di sconfitta, ristabilendo la distanza tra la fantasia onnipotente e la modesta realtà della condizione di "non potere". Tuttavia, anche in questo finale apparentemente disincantato, persiste una forte provocazione verso quelle aspettative sociali che anelano al superamento umano attraverso la moralità . L’ironica ammissione della sua umanità imperfetta diventa un vacillante ma futile tentativo di autodefinizione che lascia interdetti e riflessivi.
La poesia di Angiolieri costituisce un attacco diretto non solo alle istituzioni e ideali dell’epoca, ma anche al linguaggio e agli stilemi della letteratura cortese. Angiolieri si inoltra in quella che potrebbe essere definita una poetica del sapere goliardico e del realismo comico, lontano dalla tradizione lirica stilnovista, collocandosi in un contesto di polemica e trasgressione. La sua capacità di mischiare sarcasmo e critica con un linguaggio diretto e brutale lo rende un precursore di modi di esprimersi più moderni, ben distanti dalle compostezze formalistiche del suo ambiente.
In ultima analisi, "S’i’ fosse foco, arderei ’l mondo" non è soltanto un testo di denuncia sociale, ma offre anche un affascinante esempio di autoanalisi e riflessione sull’identità . Le tematiche di distruzione e critica sociale, mescolate all'uso innovativo della metrica e del linguaggio poetico, continuano a stimolare il dibattito tra critici e lettori, dando prova di una poesia senza tempo in grado di attraversare i secoli con la sua carica eversiva e la sua ironia graffiante. Il messaggio di Angiolieri, così acuto e ribelle, sfida complesso e non facilmente digeribile, garantisce al lettore un viaggio nella mente di un uomo che, seppur incatenato ai suoi desideri, riesce a districarsi fra le pieghe della società , conservando intatto il suo spirito indomito.
Valutazioni degli utenti ed insegnanti:
**Voto: 9** Commento: Ottima analisi critica e approfondita della poesia di Angiolieri.
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